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 T   S       1.17

La distanza tra l’uomo e il suo fine è la copiosità delle sue nefandezze,per cui più ne compie e più il fine ultimo si allontana in distanza. Per non attendere oltre l’uomo può ricondurre il suo tempo allo scopo per cui egli segue il suo fine. Non può l’uomo considerare che tutto quello che conduce al suo personale aspetto esteriore può concludersi in ciò che egli desidera per sé stesso. Ogni azione umana è condotta non per paventare la propria affidabilità verso le proprie aspirazioni,bensì per propugnare una affermazione che l’uomo  stesso si impone onde razionalizzare la sua incompetente condizione per poter affermare la  propria ignoranza su tutto ciò che non conosce in verità. Ogni condizione che  scaturisce dalla impossibilità di condurre nel verso del personale ostacolo che contribuisce alla attesa operosità nel senso buono per proclamare ogni vera attenzione verso tutte le cose è la situazione principale che l’umano considera per poter esplicare ogni ragionevole condizione alla contrarietà affermata contro la verità. Se l’uomo considerasse la suprema affermazione della natura sublime che non si mostra alla scimmia umana ma che è presente,potrebbe considerare il suo stato per la realtà del suo modo,con cui avrebbe ogni  possibile acclamazione di ciò che brama per tutto ciò che desidera avere. Non così l’uomo si dispone, per cui ogni azione si pone contro la affermazione vera,per cui  tutto è falso in  contrarietà alla verità e ogni cosa che l’uomo compie é la somma algebrica della componente essenziale alla conduzione dell'allontanamento progressivo della distanza di ogni sua definizione dalla costante immutabile che é il fine ultimo di ogni buona cosa che insegue il buon fine. Questa è una operazione geometrica in cui è racchiusa tutta la verità per conseguire la disposizione giusta nell’unico verso che ogni cosa deve condurre per disporsi alla salvezza per la gloria di Dio, poiché in ogni fondamento vitale e esistenziale,in verità,c’è la costruzione figurata che include ogni verità nello stato dello assoluto. L’aperta affermazione di ogni completa costruzione geometrica riconduce ad una esperienza che l’uomo ha in sé come affermazione visibile per cui ogni azione contraria alla verità riduce tale affermata costruzione in deformata,per cui la possibilità di avvicinamento è irrisolta,per cui il risultato finale è non corrispondente alla componente che include ogni verità. Con ciò la deformazione si esprime in una completa disgregazione della comprovata affidabilità alla conduzione del contrario opposto per cui ogni aspetto esteriore si concretizza in una visibile deformazione anatomica e biologica per cui ogni azione è deteriorata dalla nuova condizione,per cui tutto è informe e non armonioso nella realtà visibile e vivibile. Così è l’uomo l’oscuro sostenitore di ogni informe e orrendo visuale non orientato in verità. Con questa affermazione contraria l’uomo si pone contro alla ordinata disposizione per cui ogni cosa è contro la volontà che muove ogni cosa nel creato,e questa si oppone anche alla volontà che l’uomo insegue per Dio,per cui nasce il conflitto di appartenenza e con ogni occasione l’uomo si pone contro l’uomo e annulla ogni volontà di armonizzazione per cui l’uomo vive nella confusione dell’instabile effimero e osceno temporaneo inferno che lo proietta fuori dalla condizione creaturale e lo confina nel passato finito per cui ogni cosa è insolitamente e freddamente incapace di svilupparsi in armoniosa esistenzialità nello stato immutabile da cui tutto ha origine e a cui tutto torna. Ogni uomo è una parte di questo  movimento armonioso nel creato. Ma l’uomo che non riconosce questa grande verità non si pone contro questa per sconfiggerla,bensì per sconfiggersi e annullarsi. Come ogni  percettibile considerazione su di sé l’uomo può configurarsi come superiore fenomeno che si esclude o si include nel movimento dell’azione che lo governa. Con ciò l’uomo può comprendere non solo la sua attitudine alla facoltà di comprendere ciò che non conosce,ma può disporre del bene di Dio per orientarsi nel verso da cui questa viene,per infondere in Dio ogni cosciente capacità a mostrarsi attuabile nella affermazione del visibile come realtà intellegibile nella verità assoluta.